"l'Anima Punk e Post-Punk degli embrionali Death in June" in un concerto esclusivo
Opening Act :
Russian Rose(Roma)
Echoes Of Silence(Roma)
sabato 14 novembre
MUMBLE RUMBLE - Salerno
Unica data centro_sud_Italia.
Tutta la storia dei Crisis, o quantomeno quella che può godere dei crismi dell'ufficialità, sta comodamente nel lato di una C90. Meno di quarantacinque minuti, dunque, per tre singoli ed un mini album: l'intera discografia di una band che non ha certo il solo merito di avere custodito,
nelle penne e nell'armamentario dei leaders Douglas P. e Tony Wakeford, il nucleo che avrebbe originato i controversi (ma sublimi) Death In June. Un'esperienza molto significativa,quindi, che per poter essere serenamente consegnata ai posteri nella consueta ristampa in digitale dell'opera omnia(due le edizioni, NousSommes Tous Des Juifs Et
Des Allemands, Ouroubouros 1997 e HolocaustHymns, Apop Records
2006), ha dovuto superare,in primo luogo, la violenta e sprezzante negazione dei suoi artefici, le cui resistenze hanno impedito, per anni, la diffusione di quel pugno di canzoni ad un pubblico più ampio rispetto
ai fortunati possessori dei vinili originali. Alla base di tutta questa fiele, va detto, motivazioni unicamente ideologiche che nulla hanno a che spartire con l'indubbio valore artistico di quella scarna produzione. In mezzo alla confusione che regnava sovrana ed al generale e generalista slancio anarcoide che caratterizzava il punksettantasettino, poche formazioni esternava noposizioni politiche precise.
Fra queste, i Crisis esibivano un vero e proprio furore militante di dichiarata ispirazione marxista, in ragione del quale non si sottraevano ad un forte presenzialismo nelle fila di associazioni quali International
Marxist Group o Socialist Workers Party e sui palchi di manifestazioni come Rock Againist Racism o Anti-Nazi League Carnival. Peccato
che quelle stesse istanze verranno completamente
rinnegate nel giro di pochi anni con l'esperienza Death In June, caratterizzata, fin dall'inizio, da un'ambigua iconografia militaresca
e da fin troppo scontate accuse di filo-nazismo.
Un'etichetta, spesso gratuita, che nello stesso periodo si erano visti affibbiare anche Joy Division,Siouxsie And The Banshees, Throbbing
Gristle e via santificando ed a proposito della quale lo stesso Douglas P - cercando di fare finalmente un po' di chiarezza, ebbe a dire "Non
c'è nessun significato politico in quello che facciamo, m'interessa l'infinita malinconia insita incerti periodi storici, la componente emotiva
che li ha caratterizzati; in particolare la Seconda Guerra Mondiale ha portato un cambiamento definitivo nei processi mentali e di comprensione dell'essere umano".
Ma è dei Crisis che vogliamo parlare e del loro essere
avanti, essere già post-punk, negli anni in cui il punk sta completando la sua opera di distruzione senza dipingere nuovi scenari. Un orizzonte,
insomma, almeno a livello propositivo, al quale i Crisis tendono forse ingenuamente in mezzo al caos generale, esibendo al tempo stesso
suoni che, quantomeno nella fase più matura,costituiranno agile superamento delle origini del punk. Un superamento che non è ancora
manifesto nel primo parto vinilico della band, il 7" Holocaust/PC 1984/No Town Hall de 1978, che propone tre brani grezzi, diretti, energici
i quali, anche attraverso un canto colmo di rabbia, quasi urlato, non si vergognano di tradire chiare discendenze settantasettine. Ma già
dalla pubblicazione successiva, il 7" White Youth/UK 79 del 1979, solide ed articolate impalcature chitarristiche, talvolta devianti in fraseggi
da brividi, unite ad un basso più cavernoso e ad un utilizzo della voce più freddo, distaccato, quasi insensibile, definiscono il passaggio a sonorità
più complesse e articolate.
Una migrazione che tocca il punto di approdo con il mini
album Hymns Of Faith del 1980: sette canzoni che sfiorano il punk con l'iniziale On T.V - un brano senza fronzoli con una bella chitarra in
secondo piano, per definire strutture più arzigogolate nella successiva Laughin' , sovrapposizioni vocali ed un accattivante refrain, o nel
finale affidato a Kanada Kommando, tecnica, energia ed un tocco di elettronica qua e là. Inmezzo l'ingannevole attacco di armonica di Back
In The USSR, che libera immediatamente un brano
dalla struttura tipicamente post-punk, saturo di energia compressa, di claustrofobia latente,di una tecnica chitarristica che, giocoforza, non
può vantare alcuna parentela con il carattere approssimativo
del punk. Così è anche per Afraid, con il basso in bella evidenza e deliziose trame chitarristiche per un brano in cui prevale la componente
strumentale, come pure avviene nella successiva Frustration, rigida, pesante, quasi claustrofobica, con le solite chitarre in bella evidenza.
Manca all'appello solo Red Brigades, titolodi per sé esplicito, con il tono declamatorio,quasi militaresco, della strofa che libera un
refrain più diretto, in grado di stemperare la tensione per un testo decisamente sopra le righe.Quando nel 1981 esce il 7" postumo Alienation/Bruckwood Hospital l'avventura dei Crisis
è già un ricordo sbiadito per i pochi che hanno avuto la fortuna ed il coraggio di assistervi e del tutto cancellato per i due protagonisti, che con il meraviglioso 12" Heaven Street stanno per dare inizio alla storia dei Death In June. I due brani del singolo, presumibilmente risalenti al primo periodo della band,con i loro suoni rabbiosi e la loro energia diretta, riportano indietro
le lancette dell'orologio alle radici punk dei
Crisis, come a voler chiudere idealmente un cerchio
che si è fatto appena in tempo a tratteggiare.
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