Psych, Noise, Doom: sono i Cadaver Eyes, duo politico israeliano. Brian Turner, dalle frequenze della stazione radio newyorkese WFMU, li ha definiti "un magico miscuglio, in parti uguali di Voivoid, Residents, Swans, Butthole Surfers, Carcass e Khanate. Una combo centrifuga di rumorosa follia esplosiva e doom rampante". In origine psicotico one-man grindcore project, Cadaver Eyes nasce a New York grazie al batterista David Opp a cavallo fra i due millenni. Da allora è trasmutato in una minimale lotta politica stridente e reiterata, condotta dal duo doom di Batteria e No-Input Mixer. Il suono è ruvido, assordante, disturbante e ad un tempo travolgente.
Sono apparsi in un compilation di WMFU al fianco di artisti quali Mudhoney, Half Japanese, The Ex, Circle, Psychadellic Horseshit e altri. Hanno recentemente pubblicato il loro nuovo album "Class Mammal", un urlo primordiale di 7 tracce dato in faccia alla nostra società capitalista e consumatrice - con incluse cover di "Have you ever seen the rain" dei Creedence ClearWater Revival e "Acetone" dei Mudhoney. Il loro quarto lavoro segue "Mesarveem Lihyot Covshim" (cioè "Rifiuto di essere occupanti") - registrato in diretta durante un evento di protesta del 31 dicembre 2010, poco prima del massacro di Israele a Gaza.
Nell'autunno 2014 i Cadaver Eyes hanno girato l'Europa e suonato al LUFF Festival di Losanna; poi Monaco, Bologna, Napoli e una distilleria di grappa nel bel mezzo del nulla.
Cadaver Eyes sono:
Zax: No Input-Mixer
David Opp: Drums & Vox
Band dell'agro pontino dalle numerose e celebri ispirazioni: Napalm Death, Dead Kennedys , Ramones, Mr. Bungle, Naked City, Zio Frank, No Means No, Estradasphere, Secret Chiefs 3, Pain Killer, Melt-Banana, Gorilla Biscuits, Charlie Parker, Miles Davis, The Four Walls. Ma i nomi non contano.
Gianni Leone nasce a Terracina, vive e lavora a Fondi. Appena sedicenne abbandonerà la scuola d'arte per ricercare autonomamente una forma adatta all'estrinsecarsi del proprio talento pittorico e filosofico-letterario. La pittura si rivela una costante, ma l'insoddisfazione verso le forme reali della quotidianità lo spingono a scegliere un'auto-formazione tesa all'acquisizione di strumenti espressivi alternativi. Gianni Leone adopera, così, una tecnica mista di inchiostri e colori ad olio, che ben rappresentano sullo sfondo l'atmosfera rarefatta e malata di un probabile cielo post-atomico. Il soggetto emerge dalla tela quasi scolpito sulla pietra, immortalato nella staticità del momento, impresso sulle rovine del ricordo. Il tratto veloce e spasmodico misto ad un andamento calmo e capace, rendono l'opera tecnicamente unica ed
espressivamente drammatica.
L'anticipazione di forme mutanti si rivela essere un tratto fondamentale per la comprensione di un'indole che si caratterizza visionaria.
L'uomo f a b e r si tramuta in de-costruttore della struttura esistenziale dell'uomo stesso e dell'ambiente che egli ha reso involucro e simulacro di paure archetipiche. E così, Gianni Leone si erge a violentatore di coscienze ricomponendo paradossalmente forme somatiche che rappresentano anime spaesate e nostalgiche ma sempre alla ricerca di un habitat artificiale, di un'utopia perduta da colonizzare. Una pittura che, superando una soggettiva necessità espressiva, veicola un messaggio di radicale cambiamento alla ricerca di un ritorno ad una condizione non mutante; nell'intento di provocare l'intimità dell'animo umano e condurlo alla commozione attraverso l'immedesimazione con le figure struggenti e tormentate. Un impegno che si propone di suscitare negli spettatori-attori un interesse verso le sorti del genere umano e del pianeta che lo ospita.
Evento inserito il 02/04/2015, visto 1022 volte (rate:0.68)
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